2 - La sofferenza ci investe quando ci troviamo di fronte a un problema.
2 - La sofferenza ci investe quando ci troviamo di fronte a un problema. Impieghiamo la maggior parte del tempo a evitarlo o a farlo slittare in avanti, tanto che poi, quando siamo costretti ad affrontarlo, ci sembra addirittura ingigantito, e risolverlo, diventa più difficile.
Siddhartha Gautama era il principe degli Shakya (chiamato poi Shakyamuni - Saggio degli Shakya) clan nepalese ai confini con l'India. Nacque approssimativamente nel 566 a. C. e morì nel 486 a. C. Orfano di madre, era segregato nel suo palazzo e ricoperto di attenzioni dal padre. Intorno ai vent'anni, forse trenta, uscì per vedere di persona i suoi sudditi. La leggenda vuole che in quell'occasione incontrasse un monaco; un vecchio; un malato e infine un cadavere. Da qui, diventando un pellegrino asceta, volle comprendere la crudeltà della vita e la verità celata dietro alle quattro grandi sofferenze umane: nascita, invecchiamento, malattia e morte. Imparò molte pratiche dagli eremiti nella foresta, tra cui la meditazione e il digiuno. Proprio quest'ultima pratica lo portò quasi a morire senza risultati, e per questo accettò una ciotola di riso da una donna, formulando intimamente il pensiero cardine della sua futura dottrina: La via di mezzo, caratterizzata dall'equilibrio tra corpo, mente e ambiente. Rinfrancato da questa teoria, continuò a meditare per anni sul significato delle grandi sofferenze della vita fino a illuminarsi ad esse. L'illuminazione di Shakyamuni lo portò a ricordare ogni sua esistenza passata e a vedere quelle future, oltre a comprendere profondamente ogni fenomeno dell'universo in modo naturale e lampante.
L'illuminazione di colui che da questo momento in poi verrà chiamato Budda (il risvegliato) era caratterizzata da una grandissima saggezza rivelata dall'intimo e non indotta da una divinità esterna. Comprese che ogni cambiamento, dal piccolo al grande, porta sofferenza in chi vive di attaccamenti e allo scuro del proprio potenziale, intrappolato in quella che Shakyamuni descrive come oscurità o ignoranza fondamentale. Combattere l'impermanenza delle cose e della vita, porta dolore, mentre vivere serenamente il cambiamento, implica la felicità e la comprensione di ogni fenomeno. A questo punto Shakyamuni, parla di vita infinita, descrivendo la morte fisica come un sonno rigenerante verso una nuova esistenza carica dei benefici e dei pesi di vite passate, come uno zaino caricato sulle spalle ad ogni viaggio. Infonde coraggio a chiunque incontri e svela la sua esperienza personale, accattivandosi le persone. Con gli insegnamenti lasciati in cinquant'anni di incontri e discorsi, si forma quello che da millenni chiamiamo Buddismo, una religione che non prevede un dio creatore, una terra al centro di tutto e un uomo prediletto e modellato con la polvere, ma esseri viventi capaci, attraverso la pratica buddista, di rivelarsi saggi abbastanza da trasformare ogni sofferenza in un punto di forza. Ciò che insegna il Budda oggi è che la paura arriva dalla non comprensione della novità, del moto della vita e della propria responsabilità. Evitare o ritardare qualcosa, ci porta ad essere gli unici fautori della nostra sofferenza. Al contrario, guidare il cambiamento che avviene inesorabilmente ogni giorno, rende felici. Diventare protagonisti del proprio vivere, è un percorso di ricerca personale instillato, o comunque suggerito, dal Budda più di venticinque secoli fa.